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Monte Sant’Angelo 6/10

-Italia- (sesto racconto di 10)

“”Prima di venire qui da me andate a “Monte Sant’Angelo” e invocate la protezione dell’Arcangelo Michele“”. (Padre Pio) 

Dapprima una comoda strada panoramica, nella lunga distesa, il mare da un lato e dalla parte opposta, piante di ulivo, fichi, carubbe, che s’alzano sui campi di grano e mais, i fichi d’india sul ciglio stradale, abbondanti e invitanti che scorrono e restano dietro, sono le risorse che la penisola salentina offre …, ma non è la sola ricchezza, ci sono altre cose che invitano oltre le meraviglie del paesaggio e del clima, c’è un importante monastero. Questo è il quinto monastero che si trova lungo la “Linea Sacra di San Michele Arcangelo”, prima di parlare del monastero, un breve cenno su questa leggenda o davvero un indirizzo sacro che si vuole appartenga a San Michele Arcangelo, con l’intenzione di scacciare Satana dai credenti e devoti della religione cattolica.  –  Ci sono altri sei monasteri che fanno parte della “Leggenda di San Michele”, che attraversano l’Europa, passando dentro sei Stati, due sono in Italia, la prima in “Val Susa”, su nel Piemonte, a 1000 km di distanza, dove sorge la “Sacra di San Michele”, avevo notizia di questa leggenda e già avevo preso degli appunti, per soddisfare la mia curiosità, qualora si fosse presentata …, e proprio nel costruire il racconto su Padre Pio, che appare un importante collegamento.  –  Salendo in alto sui monti garganici, s’arriva in un piccolo paese, si entra attraverso bianche costruzioni di varie epoche che portano in un posto dove alcuni secoli or sono, è iniziata una storia di religione che ha raggiunto e superato i “confini dell’Europa”, per la diffusione del culto micaelico, da questo piccolo anfratto, parte un modello costruttivo sempre più coinvolge il mondo laico.  –  Oltre questi sette (più altri due che scopro nelle ricerche mentre scrivo), che fanno parte della storica Linea, ovunque nel mondo le chiese dedicate al Santo, hanno un’univoca caratteristica, di essere edificati in luoghi elevati, quale segno di devozione massima a San Michele Arcangelo.  –  Il “micaelico” sul Gargano, ha origini antiche del V – VI secolo, a noi tramandata dal ”Liber de apparitione Sancti Michelis in monte Gargano”, redatto tra l’VIII e IX secolo, dove si parla dell’arrivo del culto e della consacrazione della Basilica fatta personalmente dall’Angelo, è meglio conosciuta come “Apparitio”, riporta delle guarigioni operate da San Michele per mezzo della famosa Stilla, che raccoglieva dalla nuda roccia dentro la grotta.  –  Tutto questo, segna il Santuario come uno dei centri religiosi più frequentati in Europa e capitale spirituale dell’Italia meridionale, vero crocevia dello spirito, per molti popoli che vi confluiscono da oltre quindici secoli, ininterrottamente, il Santuario, si presenta in una veste che abbraccia il tempo, la naturale bellezza, unita alla capacità umana permessa dai Longobardi, che per primi hanno valorizzato e contribuito al culto di San Michele.  –  Attraverso la statale 89 direzione Manfredonia, in località Macchia si vede la cartellonistica stradale che indica la salita per Monte Sant’Angelo, (città sacra del Gargano, rivelandosi come uno dei più remoti luoghi della cristianità), il santuario è aperto tutto l’anno, cambiano gli orari d’ingresso, da luglio a settembre dalle 7.30 – 19.30; da aprile a giugno e in ottobre, 7.30 – 12.30 e 14.30 – 19 e da novembre a marzo 7.30 – 12.30 e 14.30 – 17, le funzioni religiose ci sono nell’intera giornata a intervalli di un’ora e mezza, sono numeri di grande rispetto per il monastero, i pellegrini sono oltre due milioni che ogni anno arrivano sul Monte, oltre l’abbondanza degli italiani, non mancano i polacchi.  –  Dal 1996 la basilica di San Michele, ha una gestione affidata a padre Ladislao Suchy, (anche rettore e superiore della comunità della congregazione di San Michele Arcangelo), coadiuvato da sei sacerdoti, un fratello laico e tre suore michelite, con un rinnovato impulso organizzativo, (all’interno della grotta è vietato scattare foto o fare video, per rispetto delle presenze in preghiera).      Il luogo sacro, è stato definito “casa di Dio e porta del cielo” da Papa Karol Woytila, nella sua visita del 24 maggio 1987, negli ultimi tempi ha acquisito nuove testimonianze religiose con la presenza nella cappella dell’adorazione eucaristica, dal 1997, alla “Celeste Basilica”, (poiché non consacrata dagli uomini, ma dallo stesso Arcangelo), con decreto ufficiale della Chiesa, è stato concesso “per sempre” il privilegio del Perdono Angelico, i visitatori confessati e comunicati, acquistano l’indulgenza plenaria, recitando il Padre nostro e il Credo e pregando per il Papa.  –  Nella “vecchia tradizione”, la salita più celebre (dalla valle verso la grotta), resta quella chiamata “di Carbonara”, il Santo, in questa fase pure storica, era venerato come il guaritore delle malattie, però contestuali anche alla presenza della cosiddetta “stilla”,  un miracolosa acqua che secondo i racconti, stillava dalle rocce della caverna e guariva ogni sorta di mali. L’usanza del vecchio pellegrinaggio, seppur con modi diversi, ancora continua, nei giorni nostri, con gruppi interi, che partendo da Mattinata, Manfredonia, Vieste e San Marco in Lamis, a fine settembre, si mettono in cammino (molti anche a piedi), tra strade, stradine, sentieri anche attraversando la foresta umbra, la mattina del 29 settembre, pronti ad assistere alla grande Messa e partecipare alla processione lungo le viuzze del paesetto, dove sfila la sola spada di San Michele, poiché la statua è in marmo di Carrara con il suo peso impossibile da trasportare.  –  La cittadina di Monte Sant’Angelo si sfila su una posizione molto invidiabile su uno sperone meridionale che sovrasta il tavoliere …, con vista sul golfo di Manfredonia, si sale tra boschi secolari e un limpido mare, fino a un’altezza di 800 metri, il paese che conta circa 12 mila abitanti, poggia sopra la roccia calcarea, dove tra le sue cavità e caverne si trova la dimora storica dell’Arcangelo.  –  In questa località, non ancora ci sono stato ma, è nel mio programma, mi ha riferito un amico che proprio in questi giorni ha fatto il suo pellegrinaggio, la prima cosa che ha notato, dalle ringhiere della piazza, il meraviglioso panorama nei diversi versanti che si osserva, fino al golfo di Manfredonia, da qualche tempo, hanno sfruttato il vento di Durazzano, installando una moltitudine di grandi pale eoliche che fanno scena, sull’altro versante nella dovuta lontananza, c’è di tutto, dal Vesuvio alla Reggia di Caserta, nelle giornate limpide e serene.  –  Ancora lunga la mia “passeggiata virtuale” ma vado avanti, anche se non sono attrezzato per i miracoli, con l’aiuto dei miei Santi protettori, inizio o meglio continuo dalla Puglia, che ho appena salutato dopo il racconto della meravigliosa storia del Santo di Pietrelcina …, non è stato un evento, è stato qualcosa di più, che ho sentito dentro di me, oltre il fatto religioso.  –  Partendo dalla nascita, della famosa “linea immaginaria”, che inizia dal Nord-Europa, passa per l’Inghilterra, punta e si ferma in Francia e ancora avanti, dapprima in mezzo alle montagne del Piemonte fino a scendere in questa cittadina del centro sud italiano molto celebre per i suoi numerosi monumenti, chiese e monasteri.  –  Una corsa attraverso la comodità delle autostrade italiane, i 1000 chilometri che indicano la distanza iniziale tra i due monasteri, si riduce a soli 962, km, non è tanto la distanza, quanto più, il tempo che diminuisce di molto.  –  Siamo a Monte Sant’Angelo, nel Gargano sono solo 25 km che la separano da San Giovanni Rotondo, qui, una caverna inaccessibile è diventata un luogo sacro con la costruzione del “Santuario di San Michele Arcangelo”, una frequentazione iniziata nel 490 d.c. anno della prima apparizione del Santo, a San Lorenzo Maiorano.  –  Un luogo molto caro a Padre Pio, perché sempre al centro delle sue richieste, delle sue preghiere e delle sue speranze …, quando non riusciva lui a operare il miracolo, una sola volta la sua presenza fisica, forse altre volte in ”bilocazione”.    Inutile chiedersi il perché certe cose accadono in determinati luoghi, (nello specifico, la grotta di Monte Sant’Angelo), fa parte del mistero della vita cui tutti conviviamo, la storia, nasce verso la fine del V secolo, si narra che al vescovo di Siponto (San Lorenzo da Costantinopoli), impegnato a espandere la religione cristiana, apparve (per tre volte), nella grotta, l’arcangelo Michele, che gli affida un messaggio:

Io sarò il vigile custode di questa grotta, in essa verranno perdonati i peccati degli uomini”.

Alla grotta, nei tempi antichi si arrivava salendo dalla valle attraverso un porticato e una galleria che sbucava nell’irregolare e profonda spelonca, dove l’Arcangelo Michele, apparve al vescovo Lorenzo, il primo è “l’episodio del toro”, del 490, dove si racconta l’avventura di un ricco signore che aveva smarrito il suo toro più bello, non riuscì a recuperarlo perché qualcosa di strano gli succede, tanto da confidarlo al vescovo.      Dopo le preghiere indette dal vescovo, gli appare, l’arcangelo che dice “la grotta gli appartiene, è sacra e lì si perdonano i peccati degli uomini, se chiesti nella preghiera”, il vescovo, però, trascura il messaggio perché il monte viveva ancora del culto pagano.  –  La seconda apparizione nel 492, “l’episodio della vittoria”, la città di Siponto era sotto l’assedio del barbaro Odoacre (434 – 493), ancora una volta, è Lorenzo, il vescovo della città, che dopo aver chiesto tre giorni di tregua, raduna in preghiera il popolo, nella grotta …, di nuovo appare l’Arcangelo e promette vittoria, infatti, alla ripresa degli scontri, una furiosa tempesta di grandine e sabbia, si abbatte sui barbari che si dettero alla fuga.  –  Tutto si conclude, con la terza apparizione, “l’episodio della dedicazione”, del 493 appunto, finalmente dopo la vittoria su Odoacre, il vescovo di Siponto mons. Lorenzo Maiorano, decide di rispondere alle apparizioni con un segno tangibile, recandosi a Roma da Papa Gelasio I, che dopo averlo ascoltato, gli ordina di entrare assieme alle altre autorità religiose della Puglia nella grotta e consacrarla all’arcangelo Michele.  –  Al rientro, si accinge a “eseguire l’ordine”, ma arriva l’ultima apparizione dell’Arcangelo, gli dice che non serviva la cerimonia di consacrazione, poiché la stessa, era già “luogo sacro” con la sua presenza …, il 29 settembre del 493, il vescovo dedica la grotta a San Michele Arcangelo e decide di costruire una chiesa, proprio all’ingresso della grotta, ancora oggi, non esiste consacrazione umana, tuttavia, il luogo prende il nome di “Celeste Basilica”.  –  Una quarta apparizione dell’Arcangelo, nel 1656 per salvare la città dalla peste, al vescovo Alfonso Puccinelli, che ordinò al popolo, giornate di digiuno e preghiera, implorando la fine della pestilenza, il mattino del 25 settembre, gli apparve San Michele, avvolto di luce e dei colori dell’arcobaleno dicendogli:

Io sono l’Arcangelo Michele, chiunque utilizzi la pietra di questa grotta sarà guarito dalla peste, benedici le pietre e scolpiscivi il segno della croce e le iniziali del mio nome”.

La peste pare di provenienza sarda, fece vera strage nei paesi del meridione, la stessa città di Napoli, (reduce e sofferente dall’eruzione del Vesuvio del 1931) ebbe a subire tutti i disagi, Monte Sant’Angelo,   esce quasi indenne dall’epidemia.  –  Nella leggenda, l’esistenza della grotta, (non era naturale), ma costruita dallo stesso Arcangelo Michele, lo racconta un pastore che pascolando il suo gregge, osserva un giovane dall’aspetto diverso, “appunto celestiale”, che trasportava dei grossi massi, qualcosa lo muove ad aiutare quel “piuttosto misterioso” giovane, dopo alcuni giorni il pastore chiese il motivo di quell’immenso lavoro, Michele si qualificò per quel che era …, e che stava realizzando sul punto più alto della collina, il suo luogo preferito sulla terra, non è un caso se molte rappresentazioni lo mostrano seduto sul globo.  –  Sinteticamente questa è la storia (o la leggenda) del santuario, altre informazioni storiche (oltre a quella religiosa), è possibile trovarla dentro quelle argomentazioni su i Longobardi in Italia: i luoghi del potere”, tra architettura, pittura e scultura, perché il santuario, ha goduto dalla presenza longobarda dal IX secolo.  –  Numerose, nel corso dei secoli, per la devozione all’Arcangelo le presenze celebri, che sono state in pellegrinaggio alla grotta, nei giorni nostri, leggo di artisti dello spettacolo, che si mischiano al popolo con la voglia di rimanere solo anonimi, un buon motivo, per passare una giornata diversa del loro vivere, con la propria famiglia nei luoghi sacri, non sono mancati quelli di “sangue blu”, (Ludovico II, Ottone III, Enrico II, Matilde di Canossa, Carlo d’Angiò, Alfonso d’Aragona, Ferdinando il Cattolico, i principi di Casa Savoia).  –  Sembra che si parlava sull’imminente “fine del mondo” previsto da quelli che sapevano dire, dopo aver letto i misteriosi segnali a loro apparsi, per evitare ciò, l’imperatore di Sassonia e del “Sacro Romano Impero”, Ottone III, nel 999 d.C. venne a pregare nella grotta affinché il mondo potesse andare avanti, se sono qui a scrivere, può solo significare che le sue preghiere sono state esaudite, nessuna apocalisse ha rovinato il mondo, però, è servito a dare maggior forza e culto alla santità del luogo.  –  Non potevano mancare i successori di Pietro, (Gelasio I, Leone IX, Urbano II, Alessandro III, Gregorio X, Celestino V, Agapito I, Urbano II, Innocenzo II, Celestino III, Urbano VI, Gregorio IX, Benedetto IX, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II).  –  Eppoi …, i numerosi Santi della chiesa, San Tommaso d’Aquino, professore di Teologia a Napoli, prima di trasferirsi a Parigi, San Vincenzo Ferreri dalla lontana Spagna, Santa Caterina da Siena, San Pellegrino, Guglielmo da Vercelli, San Bernardo, Giovanni da Matera Sant’Antonino da Firenze, San Camillo De Lellis …  

Resta nella storia che ci è stata tramandata, la visita fatta dal “poverello d’Assisi”, il caro San Francesco, anche lui nel 1216, ha fatto la sua visita a San Michele Arcangelo, non si è sentito degno di entrare nella grotta, si è fermato dove, adesso sono posizionate le due “porte di bronzo”, in ginocchio, ha fatto sosta e preghiera all’ingresso, baciato il terreno e inciso su una pietra il segno della croce (simbolo di salvezza), a forma di T (Tau)”.    Fra Pio si recò nel ‘17 alla grotta, il 1 luglio, all’una del mattino si mise in cammino con i fratini che avevano appena finito l’hanno scolastico, la percorrenza dei 26 km coperta non tutta a piedi, una sosta sul segno di San Francesco all’ingresso e poi, la preghiera nella grotta, “sull’altare consacrato” da San Michele, dove resta per tre ore al freddo e all’umidità, un malore lo prende e fu accompagnato fuori a casa di alcuni del paese, per bere qualcosa di caldo e rimettersi.  –  Comincia “dall’Atrio superiore”, l’ispezione religiosa dei fedeli e curiosi, ovvero, dal piazzale, dove sulla sinistra, più lungo del frontale di accesso, insiste un colonnato intervallato da ferriate, (costruito nel 1865), che si congiunge al frontale della massiccia costruzione, tutto ben ornato e ripieno di rosoni, fregi, un’edicola con una prima statua del Santo, a sinistra, una porta di bronzo istoriata con pannelli che narra tutta la storia del Santuario, fino al pellegrinaggio di Giovanni Paolo II avvenuto nel 1987.  –  A destra ci sono due lapidi, sulla prima si legge:

Terribile è questo luogo. Qui è la casa di Dio e la porta del cielo”.

Nella successiva un’altra iscrizione, le parole dette dall’Arcangelo nella terza apparizione:

“”NON EST VOBIS OPUS HANC QUAM AEDIFICAVI BASILICAM DEDICARE IPSE ENIM QUI CONDIDI ETIAM CONSECRAVI (tradotto), “Non è necessario che voi dedichiate questa Basilica che ho edificato, poiché io stesso, che ne ho posto le fondamenta, l’ho anche consacrata””

La trasformazione da quella che era a quella che oggi appare, (salvo gli ultimissimi lavori del 1865), sono per opera e volontà di Carlo I d’Angiò, che intese migliorare il collegamento tra la Grotta e il paese, allargando il sentiero che portava alla grotta, (in parte già esistente).  –  Anche il Santuario, subisce “un’ardita operazione”, con il taglio a metà della grotta, gli antichi ingressi bizantino-longobardi, trovano posto nel sottosuolo e nasce un nuovo accesso, dalla parte superiore con un’ampia scalinata, “in discesa” nel lato sud segnata da grandi arcate laterali.  –  Il campanile, fu eretto per ringraziare San Michele, dopo la conquista dell’Italia meridionale, i lavori dal 1274 al 1282, su progetto dell’architetto Giordano, nella sua forma ottagonale, si osserva la costruzione più massiccia, 40 metri in altezza, ridotti a 27, per un fulmine, sono quattro i piani, all’esterno, si presenta con arcate cieche a tutto sesto, con cornici variamente ornate, mentre all’interno ci sono tre celle a cupola e una a costoloni, con arco acuto, all’ultimo piano, si affacciano 5 campane nelle quattro aperture, la sesta campana, la più grande, costruita nel 1666.  –  Dall’alto della torre (dopo aver salito 99 gradini), la fatica fatta, viene compensata dal paesaggio sottostante che si osserva, tutto ha un “aspetto bianco”, una caratteristica costruttiva nota nella zona garganica, dovuta alla mescola con le etnie che l’hanno importata.  –  Arriva il momento di predisporsi per l’ingresso alla grotta, non trovando la necessaria chiarezza nelle numerose scritture sul sito religioso, per esporre il percorso, mi sono avventurato su You-tube, alla ricerca di video, (sentivo che doveva esserci qualcosa), che potesse soddisfare la mia non più semplice curiosità e con un po’ di pazienza, sono riuscito a trovare questa magnificenza:

https://www.youtube.com/watch?v=znbTmlPnw1o

È una puntata televisiva “a sua immagine” presentata da Rosario Carello qualche anno fa, a chiarire l’arcano che mi ha dominato per l’intera giornata, ora, posso proseguire anche aiutato dalla guida ufficiale, “Liberatore Enrico” che nel video racconta in 10 minuti, quel che io sto scrivendo sulla “storia-leggenda” del Santo.  –  Comunque, sono diversi i video che su You-tube raccontano le varie attrazioni, che offre Monte Sant’Angelo, anche la processione della spada o il castello, occorre solo una buona dose di pazienza che sono sicuro non mancherà a fedeli e curiosi.  –  Dopo aver visitato la chiesa “che sorge in superfice”, comincia il percorso più atteso del pellegrinaggio, con l’entrata attraverso il portale di destra della basilica, oltre l’uscio, tutto cambia, la scena visibile solo nei film medioevali, che avvolge corpo e anima, un ambiente creato dagli Angioini, che nel XIII secolo, hanno fatto dei lavori di grosso spessore, dal portale d’ingresso, alla scalinata scavata direttamente nella roccia che porta verso il basso, sono 80  gradini a scendere e 6 a salire, distribuiti sulle cinque rampe.  –  Un gioco di “luci e ombre” mette in risalto anche la bellezza dell’ampia gradinata, i colori sono appropriati al luogo, al centro, un cordone la divide in due parti e permette anche di risalire, perché è l’unica strada che fa entrare o uscire, l’antico percorso (chiuso nel 1274), è ancora percorribile per chi vuole fare la penitenza di salire fino al santuario, ma alla grotta, si entra solo dall’atrio superiore, ex “atrio della colonna”.  –  Finita la “calata dei gradini”, è d’obbligo una sosta, oltre il riposino della fatica, c’è da ascoltare la guida che descrive il momento, forse è il più importante, occorre osservare tutto quel che ci circonda prima di entrare “nell’utero della madre terra”, le immagini che compaiono, meritano la nostra attenzione, sempre più si sente la complicità del luogo, che attende oltre le due storiche porte.  –  Resta ora da salire il semicerchio dei 6 gradini, pure basamento di un grande portale marmoreo di fattura romanica, che fa da contorno alle “porte di bronzo” e chiude l’ingresso alla grotta, un’opera realizzata nel 1076 nell’antica città di Costantinopoli, ordinata dal ricco amalfitano Pantaleone, (la nobile famiglia dei Mauroni), che ne fece dono alla Basilica, (per la cronaca, la stessa famiglia, molto ricca e religiosa, fece lo stesso dono, al duomo di Amalfi e a San Paolo fuori le Mura a Roma). L’artistico lavoro, si compone di un’intelaiatura di legno rivestita da 24 formelle in oricalco (lega di rame, zinco, piombo e argento), fissate da cornici e borchie, sovrapposte sulla grandezza delle porte, raccontano …, in quella di sinistra, ci sono i 12 eventi miracolosi dell’Angelus Domini prima di Cristo, dalla  Cacciata di Satana, all’Annuncio a Zaccaria …  –  In quella di destra, ci sono le 6 apparizioni angeliche tratte dai Vangeli, su altre 3, gli episodi in lode di Michele, dagli encomia  alla Narratio miracolorum maximi Archangeli Michaelis del IX secolo, nelle 3 restanti, introduce alla storia del santuario, con le apparizioni al vescovo di Siponto che ne avevano determinato la fondazione.  Sulla sommità del suo arco, un’altra frase dettata dall’arcangelo:

“”Qui dove i sassi si aprono, i peccati degli uomini sono cancellati. Questa è la casa speciale dove qualsiasi azione malvagia, viene lavata””

Siamo sul posto, dove inizia “l’indulgenza angelica”.  –  Dentro la grotta di San Michele, il pavimento che oggi rende anche maggior luce all’ambiente non era ancora posato, un anonimo scrittore, vissuto più di mille anni fa, in visita al monastero forse rimasto molto abbagliato dalla povertà del luogo, l’ha descritta così, con poche e semplici parole:

Il Santuario di S. Michele è dovunque conosciuto ed esaltato non per lo splendore dei suoi marmi, ma per gli eventi prodigiosi che qui sono avvenuti”.

Evidente l’ingresso nel luogo provoca un silenzio interiore, che si fa strada e coinvolge, se non travolge, si percepisce quasi a pelle la diversa dimensione che si vive …, il sentire repentino una di quelle sensazioni difficile se non quasi impossibile da definire, certamente, non è paura, è pace interiore, un senso che si vorrebbe provare anche esteriore, forse pure c’è, ma non è visibile ad altri e noi stessi non ci accorgiamo.  –  Dopo le meraviglie osservate scendendo dall’atrio superiore, con il passaggio da queste porte, si apre un ampio spazio, non molto alto, tutto è parete rocciosa, finalmente, siamo “dentro la grotta”, dove comincia a diventare difficile fermare l’attenzione, da sinistra o da destra è un continuo che attrae e stupisce, sorprende il lavoro umano che si osserva, le tre navate costruite e poggiate con valente maestria e splendida delicatezza, sulla nuda e naturale roccia, un insieme spettacolare e composto, che si sposa bene.  –  Nella distanza del momento, si nota due file di panche da chiesa, allineate di fronte a un altare più grande di tutti gli altri, sì, perché diversi sono gli altari disposti a giro, neanche tutti visibili, dapprima c’è l’altare di S. Francesco, qualche passo ancora e sempre a destra, si apre una cavità la cui volta rocciosa, si presenta con differenti livelli, sono in fila: una serie di teche, al cui interno si vedono statue e bassorilievi in pietra, l’altare (di S. Pietro), segue quello (del Crocifisso), poi un grosso trono regale di marmo.  –  Scrivo in modo confusionato, quel che ho letto e visto nei video, non posso fare di più, forse la presenza in loco chiarisce meglio, però, tutto appare in un perfetto accordo, gli ambienti nelle pareti, riportano affreschi sacri con una studiata penombra, sono anche ben visibili, antichi sarcofagi contenenti le spoglie mortali di prelati e nobiluomini, com’erano nell’antico uso.  –  Ancora scene di vita con mercanti e cavalieri, spesso con centinaia di frasi scritte in antiche lingue, (preghiere, saluti, o semplici nomi, invocazioni, messaggi e citazioni), una statua della madonna del Soccorso, molto espressiva, cinto con delle colonnine tortili dentro un baldacchino, alle sue spalle, una piccola insenatura nella roccia, detta il Pozzetto, nel cui interno in una vaschetta, si raccoglieva “la stilla” (il gocciolio d’acqua che scendeva dalla roccia).  –  Oltre le panche di legno, il Sagrato con una Cattedra episcopale (dell’XI secolo) in marmo, finemente decorata e con lo schienale a cuspide; il Presbiterio, infine,l’Altare delle Impronte, in pratica l’originale in pietra, dov’è impressa l’impronta del piede di un fanciullo, attribuita appunto all’Arcangelo …, nel 1507 un po’ in alto, si posa la statua di San Michele, opera di altissima qualità, scolpita nel marmo bianco di Carrara, misura 130 cm di altezza, attribuita ad Andrea Contucci, detto anche Sansovino …, al suo margine, una statua in pietra raffigurante San Sebastiano martire.  –  In fondo, dopo la Navata angioina, nell’abside, ancora un altare in stile barocco (collocato nel 1690), dov’è custodito il S. Sacramento, più tardi verso la metà del 1800, completato dal tabernacolo e la mensa, infine, tre statuette in pietra, (al centro) San Giuseppe e ai due lati S. Nicola di Bari e S. Antonio di Padova, in una piccola edicola sulla parete,  in altorilievo, la scena dell’Annunciazione.  –  Sul lato dove termina la scalinata, uno spazio battezzato come la “Porta del toro” (dal grande affresco che lo sovrasta, raffigura, appunto, l’episodio del toro della prima apparizione), sotto l’affresco, su una lapide marmorea murata in una ricca cornice scrive:

“”HAEC EST TOTO ORBE TERRARUM DIVI MICHAELIS ARCHANGELI CELEBERRIMA CRIPTA UBI MORTALIBUS APPARERE DIGNATUS EST HOSPES HUMI PROCUM – BENS SAXA VENERARE LOCUS ENIM IN QUO STAS TERRA SANCTA EST”

“(E’ questa la Cripta di San Michele Arcangelo, celeberrima in tutto il mondo, dove egli si degnò di apparire agli uomini. O pellegrino, prostrandoti a terra, venera questi sassi perché il luogo in cui ti trovi è santo)””.

Data la sua millenaria storia, non posso ignorare qualche cenno sul passato storico del paese, oltre il contenuto finora scritto, nel tempo pagano, la grotta fu pure luogo di culto, forse lo stesso Apollo in adorazione, lo storico Strabone riferisce di un tempio dedicato al dio Calcante, mitico indovino, qui si portavano i fedeli in attesa di avere le loro risposte e nella notte si avvolgevano nelle pelli degli animali sacrificati.  –  Nell’età longobarda, il santuario ebbe grande importanza, perché diventa “sacrario nazionale”, già all’epoca inserito in un circuito di pellegrinaggio anche dalle regioni più lontane, testimoniata da diverse incisioni in carattere “runico” ancora visibili sulla pietra.  –  Nell’epoca medievale, subisce danni a seguito degli attacchi saraceni, il più grave nel 869, riparati dall’imperatore Ludovico (825 – 875), nell’occasione, furono decorate e affrescate le mura, gli archi e i pilastri della scalinata monumentale che conduceva all’altare delle “Impronte”.  –  Riceve ancora danni nel X e l’XI secolo, quando finisce l’epoca Bizantina per il dominio Normanno, dopo l’alleanza con il condottiero Melo da Bari, la Città di Monte Sant’Angelo ricevette il privilegio di “Signoria dell’onore” e già alla metà del secolo XI, sotto Roberto, (il Guiscardo), comincia la rinascita e si provvide ad una più articolata ristrutturazione della Chiesa Grotta.  –  Per arrivare alla basilica, immancabile la passeggiata nel paese, da notare che in molte case, nelle facciate d’ingresso, sono esposte delle piccole edicole in pietra e alabastro fissate sull’alto, non è una moda ma nel costume locale, tutta devozione e protezione che i residenti, ripongono al Santo e cosa non trascurabile, da anche lavoro ad alcuni artigiani, che si sono specializzati nel fare le piccole statuine da inserire nelle pareti e soddisfare i turisti che comprano i souvenir.  Oltre il complesso religioso, è da visitare il castello, poco distante, che pure ha avuto qualche legame …, all’inizio, sotto il regno di Sicardo principe di Benevento, era solo un castrum bizantino, nella prima metà del IX secolo, fu terminato da Roberto Guiscardo, principe della signoria dell’Honor Montis Sancti Angeli, che dopo aver cinto la città di mura, fece edificare la cosiddetta “Torre dei Giganti, una poderosa costruzione pentagonale.  –  Ospiti celebri del castello, furono Federico II di Svevia e la sua prediletta, la contessa Bianca Lancia di Torino, in seguito, spesso ci trovò dimora con la sua corte fastosa, leggenda o verità, ci racconta che nel castello di Monte Sant’Angelo sia nato Manfredi da Bianca Lancia, piuttosto bizzarro il suo comportamento.  –  Dopo aver saccheggiato il Santuario, Federico II, si pente e di ritorno dalla crociata del 1228, donò un reliquario con un pezzo della “Vera Croce” che aveva acquisito nella crociata in Terrasanta incastonata in una croce di cristallo …  –  Nel 1810 il Comune di Monte Sant’Angelo, ne assunse la definitiva proprietà, sottoposto a diverse operazioni di restauro, grande quello fatto nel 1865, la piazza chiamata “l’atrio della colonna”, perché una statua del Santo si ergeva su una colonna, (rimossa per dare una nuova veste alla costruzione), cambia aspetto e nome, infatti, nasce la facciata a due arcate, di cui la sinistra è una ripresa in stile, di quella originaria.  –  Anche nell’ambito religioso, aumenta la sua importanza, nel 1872 il riconoscimento di “cappella palatina”, tutto nella gestione dell’autorità regale, i sacerdoti che operavano nel santuario, ebbero il titolo di “cappellani della real casa”, fino al Concordato del 1929.  –  Ricavato anche il Museo devozionale, adiacente al locale degli oggetti ricordo, in funzione dal novembre 1989, sono raccolti diversi oggetti che testimoniano il culto verso San Michele Arcangelo, in buona parte, sono doni offerti in riconoscenza, al Santo dai pellegrini, nel corso della sua storia secolare, tutto esposto nelle quattro sale, mentre nel corridoio, trovano posto i diversi reperti archeologici del secolo VI-IV a.C. e gli “ex voto”.  –  La gamma espositiva è molto varia e ampia, l’icona più antica di S. Michele opera bizantina del secolo VI-VII, di grande valore in rame dorato, che secondo studi recenti, potrebbe essere anche di epoca longobarda, (secolo VIII-IX).  –  Monete greche del VI-III a.C., campane di vetro, vasi, dipinti, targhe, coppe, medaglie, oggetti devozionali moderni nel culto di Santo, paramenti e arredi liturgici, pissidi, candelabri, calici, ostensori, incensieri, navicelle, oggetti statuari di S. Michele in pietra locale o alabastro, scolpiti da artigiani locali, una collezione di ceramiche di scuola abruzzese, icone della Beata Vergine, S. Michele e altri Santi, una collezione di ceri votivi.  –  E per finire, nel 1999 il luogo sacro, si arricchisce della costruzione di una cappella penitenziale, dove sono raccolti elementi della antica roccia, sui quali campeggia uno splendido crocifisso ligneo del XIV-XV sec.  –  Data l’importanza secolare “storico-religioso”, che il luogo riveste, l’UNESCO, nel giugno 2011 ha iscritto nel patrimonio dell’umanità il complesso di Monte Sant’Angelo.  –  Non viene meno l’interesse del “National Geographic Society”,  che nel 2014, riconosce la Grotta come una delle più belle del mondo, quella micaelica figura all’ottavo posto nella top-ten mondiale, è l’unica grotta italiana ad essere stata inserita nella lista delle prime dieci, si lega all’interessante quartiere medioevale del “rione Junno”, con i vicoli strettissimi e le casette a schiera, uno dei pochi borghi che ancora resta nel custodire la cultura del Gargano.