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Gli ebrei a Chieti

Fisicamente, non ricordo quell’enorme scritta in alto di una delle due palazzine che chiudono “Piazza Valignani”, oltre le foto che osservo in rete, ci sono gli scritti del prof. Paziente, (noto storico teatino e Presidente della locale sezione ANPI).  –  Sono posizionato sulla scritta dei “Fratelli Baldassarre”, che appena dopo la fine dell’ultima guerra, acquistarono la proprietà Trevi, mantenendo però, gli articoli in vendita, oggi anche questi sono scomparsi (dalla piazza), nessuna testimonianza resta di persone e di momenti storici che la città ha vissuto, il palazzo dopo l’epoca di Baldassarre, è stata sede di una banca e negli ultimi tempi totalmente vuota, a disposizione di tornate elettorali. L’ultima volta ho lasciato il palazzo avvolto da impalcature che regnano sovrane da qualche tempo, (ma anche in questo inizio 2020, tutto è ancora così), non è dato sapere quale sarà la prossima destinazione d’uso, purtroppo la gloria teatina si spegne di fronte al vuoto creato non solo dalla crisi, ma anche all’incompetenza degli amministratori locali, che non hanno il dovuto rispetto all’antica città, (non è solo questo palazzo), ancora prima c’è il “Palazzo d’Achille” in perenne manutenzione, pure circondata da impalcate edili …, ma non è questa la direzione o l’intento di queste pagine, mi fermo dal fare il doveroso appunto alla politica locale che da qualche decennio lascia molto a desiderare. Torno alla riflessione, al titolo, per una passeggiata all’interno della comunità ebraica che era presente a Chieti, nel periodo precedente l’ultima guerra, furono dapprima l’applicazione delle leggi razziali emanate dal regime, poi la loro deportazione nei lager e nei campi di concentramento “nazi-fascisti”.  –  Un riferimento principale, mi capita di farlo con “la famiglia Trevi” (che non ho conosciuto), oltre il sentito dire di una città di provincia, solo quell’antica foto di Piazza Valignani, dove su una delle due palazzine che aprono il corso sulla vecchia Via Ulpia, capeggiava la grossa scritta “Trevi tessuti”, nella mia ignoranza c’è la curiosità che prende il sopravvento, anche a distanza di anni, di loro ho una conoscenza più da mamma, poiché sarta, ma non trovo molto più di quanto scrive il chiarissimo prof Paziente.  –  Non ho gli elementi per parlare di loro in modo più ravvicinato, faccio solo una breve puntatina sui loro nomi …, non è un meritato omaggio, è solo una dovuta menzione nei fatti e nella storia della città, è anche un momento dove, la critica sugli immigrati s’è fatta feroce e cosa ancor più peggio, il “rigurgito della razza”, sta di nuovo prendendo corpo, tra le nuove generazioni.  –  Faccio una doverosa presentazione di queste famiglie, pescando dalla rete le informazioni per questa postuma analisi sul periodo bellico, che si ricollega ai diversi appuntamenti che il ricordo ci presenta oggi, intanto, il “giorno della memoria”, ma anche quel che la mia città ha sofferto, come l’eccidio al “Tratturo di Bussi” o quello di “Colle Pineto”, il contributo teatino è stato enorme.  –  Il sacrificio chiesto agli ebrei …, anzi agli appartenenti a questa religione, che “sono stati obbligati”, è nella conoscenza di ognuno, (anche perché nell’odierno, un estroso politico, pensa di farci tornare indietro nel tempo), tanto che, è tornato in auge il discorso delle “leggi razziali”, messe in campo nel lontano 1938, sono storie da tenere nella memoria ma solo nei ricordi del passato, da non ripetere assolutamente.  –  Oltre la questione religiosa che non mi tocca assolutamente, perché ho il “rispetto dei molti credo”, quel che mi coinvolge, è la triste storia vissuta da queste persone nel periodo nazifascista, una cosa che dovrebbe far riflettere e consigliare a molti detrattori, di mantenere almeno un rispettoso silenzio di fronte alle troppe evidenze che si ha dell’immane tragedia vissuta da queste persone, solo per la folle idea di un tedesco, cui si unisce la mania di grandezza di un “nostro connazionale” che cerco di nominare il meno possibile nelle mie scritture.  –  È andata nel modo che tutti sappiamo, inutile infierire oltre entrando nei particolari, resta solo da conservare la memoria e il pentimento per quelli che sono stati dalla “parte sbagliata”, errare è umano, in quell’epoca, nella mia città qualcuno ha perseverato.  –  Chieti è stata coinvolta più di tante altre città al momento bellico, per l’enorme numero di rifugiati, (sono stati circa 100 mila), non sono mancati gli atti vergognosi messi a segno da fascisti e purtroppo anche da amministratori, locali, potevano non far piacere ma, hanno dovuto applicare le norme sulle leggi razziali emanate dal governo centrale.  –  Si pensi che a Chieti, c’era un’alta solerzia e obbedienza, al governo di Roma, la federazione locale rispondeva puntuale precisa, anche alla cruda azione contro gli ebrei a difesa della razza, con numerosi convegni tenuti dai personaggi più in vista (Gaetano Scoppetta, Mario Perilli, Guido Torrese, Vitaliano Carusi, Augusto Natoli).  –  In attesa di predisporre a campo di concentramento, la caserma Rebeggiani giù allo scalo, l’asilo “Principessa di Piemonte”, nella via omonima, dal 15 giugno 1940, fu (forse il primo in Italia), predisposto a “luogo di concentramento”, per i nemici del regime, (inglesi, francesi, cechi, slovacchi, islandesi), gli ebrei e zingari di varie nazionalità e non mancarono gli italiani ritenuti pericolosi. –  A dirigere la situazione, fu comandato il commissario di P.S. Mario La Monaca, nel suo triste uso, raggiunse la massima presenza nell’ottobre ’43, con 29 persone internate e sorvegliate dagli agenti della benemerita, (solo 6 gli ebrei), che dopo la chiusura nel mese di novembre ’43, furono trasferiti nel campi di Casoli e i restanti prigionieri, alla Rebeggiani.  –  Il ricordo di questi momenti, resta testimoniata da una lapide da poco ”ricollocata”, e molto criticata, per delle date errate, (maggio anziché gennaio). sulla parete esterna a lato dell’ingresso centrale, perchè la precedente, anni addietro è stata al centro di un increscioso atto vandalico.  –  La città di Chieti è stata molto accogliente durante il periodo bellico, che di colpo precipita con l’armistizio dell’8 settembre, lo scioglimento dell’esercito nazionale, la formazione di gruppi autonomi e di partigiani, la fuga del re che lascia proprio in città, parte del suo seguito che non può imbarcarsi a Ortona, c’è l’occupazione dei tedeschi di Palazzo Mezzanotte che diventa il loro “quartier generale”, arriva anche la tanta attesa dichiarazione di “città aperta” cui il vescovo mons. Venturi si fece carico.  –  Erano 5 le famiglie ebree residenti in città, (38 persone in tutto), di loro, restano solo qualche tomba al cimitero comunale, peraltro sotto l’immeritata incuria della civica amministrazione, ma non sono i soli, anche il “sacrario militare” (nella parte finale del cimitero), gode degli stessi irriguardosi privilegi, è semplicemente vergognoso quel che accade nella mia città, a me, provoca come una sensazione di odio-amore, resto impotente e come tanti altri solo in attesa di tempi migliori se ci saranno.  –  Lo scorso 27 gennaio, “Giorno della Memoria”, qualcuno si è ricordato degli ebrei di Chieti, non di certo chi di dovere, solo l’A.M.P.I., per rendere quell’omaggio non reclamato, solo dovuto, lo scorso anno ci ha pensato il FAI, (sezione di Chieti) che di proposito, ha promosso una visita guidata al cimitero per far conoscere (in particolare ai giovani), i segreti e i tesori conservati, senza ignorare il piccolo “campo ebreo”, quasi all’ingresso.  –  I più celebri, “Trevi, Terracina, Cagli, Coen, Schumann, Volterra”, poche e frammentarie, le notizie che restano di queste famiglie, neanche tutte per la verità, perché nell’enorme caos che seguì; di alcuni di loro si perdono le tracce:

__ Alfred Schumann, insegnante di Lingua e Letteratura tedesca, con cittadinanza italiana, nato in Germania ma, residente a Roma, insegnava alla Regia Università, vince il concorso a cattedra e si trasferisce a Chieti nel ‘37 con la moglie Iawetz Sidy, (cittadina rumena), ebrea anch’essa, con cittadinanza italiana, (ambedue liberi pensatori), sono accolti e sistemati dal vice preside dell’I.T.C. di Chieti, prof Marino Covich, (professore di Scienze Naturali nella stessa scuola), che non era di religione ebraica, ma aveva sposato un’ebrea.  –  Non poteva immaginare il seguito questo vice preside, mi resta solo da pensare alla troppa ingenuità o “attaccamento al dovere”, io, preferisco pensare all’ultima ipotesi non si sbagliava, ha solo ritenuto che non sarebbe stato così violento …, come non riuscire a salvare il proprio figlio dalla fucilazione dei tedeschi, purtroppo qualsiasi scelta avrebbe portato al medesimo risultato, l’obbedienza ha messo vittime e carnefici sullo stesso piatto.  –  Con le emanazioni dei decreti sulle leggi razziali del 5 e 13 settembre del ’38, Schumann, fu dispensato dal servizio e revocata la cittadinanza anche alla moglie, con l’obbligo di lasciare il territorio italiano entro sei mesi …, pena l’arresto e l’espulsione.  –  I due coniugi, si mettono in salvo, imbarcandosi a Napoli per l’America, si stabilirono a New York, dove vissero la loro vita, Alfred tornò pure a insegnare.

__ Giulia Volterra orfana da bambina di entrambi i genitori, (era nata a Chieti), non era iscritta al fascismo …, ancora una sventura la colpisce, dopo soli 4 mesi di matrimonio, rimane vedova, laureata in giurisprudenza, interrompe gli studi per diventare notaia. Anch’essa, insegnava da oltre un anno all’I.T.C. Galiani e come Schumann, riceve la comunicazione di sospensione dal servizio dal federale Alberto Nucci, non fugge, trova rifugio a Francavilla, ma dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, (la signora Giovanna Di Cecco, di Fara San Martino), rilascia un’attendibile testimonianza, fu arrestata (legata mani e piedi) e portata alla “Caserma Rebeggiani” dello scalo, che cominciava a funzionare da campo di concentramento.  –  All’interno della caserma, c’erano altri 25 ebrei rastrellati da nazisti e “repubblichini”, nel territorio, in attesa di partire per Auschwitz, la giovane donna, miracolosamente ottiene un permesso d’uscita e (purtroppo rimasta senza alcuna risorsa economica), non le resta che rivolgersi alla carità religiosa, direttamente al vescovo, mons. Venturi, che la fa nascondere su alla Civitella nell’Istituto Beata Vergine del Carmine e salva la vita, nel dopoguerra, potè riprendere  l’insegnamento di materie letterarie.

__ Vitaliano Trevi, era il capostipite della famiglia, nato nel 1855 in Ancona, sposato con Settimia Forti che fu una (brava pianista), si trasferisce con la famiglia a Chieti agli inizi del ‘900, aprì un negozio di tessuti in Piazza Valignani.  –  Dal matrimonio nacquero quattro figli: Arrigo (volontario e mutilato nella prima guerra mondiale, tumulato accanto alla madre), Corrado (glorioso combattente caduto il 12 luglio 1916 decorato), sepolto ad Asiago, “nel cuore immortale della Patria”, Ernesto (muore diciassettenne), infine, Giorgio (l’unico sopravvissuto ai genitori), che sposa con matrimonio misto Ebe Del Grosso, (ariana e cattolica), ambedue, sono sepolti nel campo ebreo.  –  Vitaliano, muore nel ’39 a Chieti, è sepolto nella tomba più grande, con il figlio Ernesto e la moglie Settimia, sulla lapide di marmo oltre la stella di David, (la riporto tal quale), è incisa una bella epigrafe:

Vitaliano Trevi n. in Ancona 28 -9 – 1855 —— m. in Chieti 5 – 3 – 1939 chiusa in Dio la sua lunga giornata operosa fino all’estremo pur tra i lutti e il dolore.  sostegno agli orfani e ai sopravvissuti della sua casa qui sulle ossa di un figlio giovinetto accanto agli altri suoi cari ma non al figliuolo che gli lasciò l’orgoglio di aver tomba e ricordo non sulla terra ma nel cuore immortale della PATRIA, invoca da Dio pace a tutti gli uomini”.

Di Giorgio si vede appena la lapide poggiata sul muro di cinta, dove ci sono altri nomi, (anche la figlia Paola morta giovane), da osservare altri cumuli, quella dei Cagli, due sorelline, Ludovica e Roberta, (morte in tenerissima età), le uniche testimonianze terrene rimaste, tutto il resto ancora altri, (Terracina, Panzieri), proprio scomparsi, mentre Giorgio Cohen, Mosè Spizzichino e Gemma Vitale sono stati portati via dal vento della morte, che la II guerra mondiale ci ha regalato, nei campi tedeschi di Aushwitz e Dachau. Di loro, chi, oggi, più si preoccupa nel mantenere viva la memoria e il ricordo in città, è solo l’Associazione A.N.P.I., attraverso il prof. Paziente, che puntualmente non manca all’annuale appuntamento delle cerimonie commemorative, si porta anche nelle scuole, è agli studenti che si rivolge, perché …, le espulsioni, le dispense dall’insegnamento, le prigionie, gli omicidi di massa contro gli ebrei e chiunque altro, che era contrario al compimento di un folle disegno di potere, niente, va dimenticato si può solo perdonare.  E finisco, rientrando nel semplice ruolo di cittadino questa pagina, che non mi ha toccato nel personale, ma la troppa vicinanza mi ha coinvolto, il tempo poi è un elemento che torna anche indietro e riporta negli accadimenti di vita.  –  L’età e gli altri interessi, mi hanno portano a trascurare che in città, avevamo un piccolo cimitero degli ebrei, però, quando l’età cresce, anche gli interessi cambiano, oggi nell’attesa che tutto si compia, si sente forse un po’ un “richiamo alle origini”, riaffiorano i miei ricordi legati al mondo ebraico, per uno dei miei primi momenti di lavoro, (avevo 16 anni quando andai a lavorare nei laboratori del comm Di Gregorio a Sant’Anna, stetti fino alla partenza del servizio militare), al ritorno trovai altra sistemazione, ma sono stato un (qualificato marmista) con ampia esperienza dei lavori cimiteriali …, qui nacque la maggior parte delle mie curiosità che oggi cerco di approfondire, capire e dare la mia solidarietà.