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Dentro il virus

Finora non mi sono occupato di fare commenti sulla “strana situazione” che tutti stiamo vivendo non solo in Italia, ma anche in Europa e purtroppo, aggiungo, “nel mondo intero”, la mia è solo una passeggiata “dentro il virus”, che faccio dalla postazione di casa, non la mia di Romania ma quella dove risiedo abitualmente quando vengo in visita a Chieti.  –  La prima cruda osservazione che mi trovo a dover fare “a onor del vero”, per una poesia il cui titolo italiano, è “GUARIRE”, mentre l’originale sarebbe “And The People Stayed Home”, pubblicata il 18 marzo su Facebook:

“”E la gente rimase a casa / e lesse libri e ascoltò

e si riposò e fece esercizi / e fece arte e giocò
e imparò nuovi modi di essere / e si fermò
e ascoltò più in profondità / qualcuno meditava
qualcuno pregava / qualcuno ballava
qualcuno incontrò la propria ombra
e la gente cominciò a pensare in modo differente
e la gente guarì. / E nell’assenza di gente che viveva

in modi ignoranti pericolosi / senza senso e senza cuore,
anche la terra cominciò a guarire / e quando il pericolo finì
e la gente si ritrovò / si addolorarono per i morti
e fecero nuove scelte / e sognarono nuove visioni
e crearono nuovi modi di vivere / e guarirono completamente la terra

così come erano guariti loro””.

È stata attribuita a tale “Kathleen O’Meara”, autrice franco irlandese (1839 – 1888), che l’avrebbe scritta nel 1869, nel pieno periodo di pestilenza in Europa, è tutto falso, ho trovato tante condivisioni perché la poesia è molto bella, attrae proprio quel suo essere attuale …, ho voluto nell’occasione approfondire e non poteva essere diverso dal mio pensiero, sono molto credente ma per niente allocco, spesso mi capita di immaginare l’impossibile che però, mai collima con gli eventi e questa “ciliegina sulla torta” appariva troppo a proposito.  –  Solo qualche passata su Google per chiarire l’arcano, la poesia, in verità appartiene al nostro odierno di vita, è stata scritta da “Kitty O’Meara”, donna 64 enne che vive nella città di Madison nel Wisconsin, che (il 16 marzo scorso, in lingua inglese) l’ha pubblicata sul suo blog, (l’errore o l’orrore), solo per l’associazione fatta al nome Kitty, che era anche il diminutivo di Kathleen, (che poi nella realtà), firmava i suoi lavori con lo pseudonimo di “Grace Ramsay”, come ben risulta nel Dizionario degli Anonimi e Pseudonimi della Letteratura Inglese, al Volume I.  –  Le cose si complicano, con l’arrivo della freelance italiana, Irene Vella, autrice – giornalista – poetessa, la quale sostiene che la poesia pubblicata da O’Meara, altro non è che una traduzione di un componimento pubblicato da lei, l’11 marzo 2020 su Facebook, ma la signora O’Meara, intervistata da “The Oprah Magazine”, non ha fatto altro che smentire la nostra Irene.  –  Messi a confronto i due componimenti, appaiono molto simili e coinvolgenti, innegabile che il tema è lo stesso, per imparzialità riporto integralmente, il componimento di Irene Vella.

“”Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più. / Ma la primavera non sapeva nulla.
Ed i fiori continuavano a sbocciare / Ed il sole a splendere
E tornavano le rondini / E il cielo si colorava di rosa e di blu
La mattina si impastava il pane e si informavano i ciambelloni
Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse
Era l’11 marzo 2020 i ragazzi studiavano connessi a discord
E nel pomeriggio immancabile l’appuntamento a tressette
Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa
Dopo poco chiusero tutto / Anche gli uffici
L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini
Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali
E la gente si ammalava
Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire
Era l’11 marzo del 2020 tutti furono messi in quarantena obbligatoria

I nonni le famiglie e anche i giovani / Allora la paura diventò reale

E le giornate sembravano tutte uguali
Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire
Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme
Di scrivere lasciando libera l’immaginazione
Di leggere volando con la fantasia
Ci fu chi imparò una nuova lingua
Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi / Chi capì di amare davvero separato dalla vita
Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza
Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria con solo otto coperti
Chi lasciò la fidanzata per urlare al mondo il suo amore per il suo migliore amico
Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse avuto bisogno
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri
L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi
E l’economia andare a picco
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti
E poi arrivò il giorno della liberazione
Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita / E che il virus aveva perso
Che gli italiani tutto insieme avevano vinto
E allora uscimmo per strada / Con le lacrime agli occhi
Senza mascherine e guanti / Abbracciando il nostro vicino
Come fosse nostro fratello / E fu allora che arrivò l’estate
Perché la primavera non lo sapeva
Ed aveva continuato ad esserci
Nonostante tutto / Nonostante il virus / Nonostante la paura
Nonostante la morte / Perché la primavera non lo sapeva
Ed insegnò a tutti / La forza della vita””.

Il paradosso non è la poesia, che sia di Kitty o di Irene, quanto più, la disinvoltura del “copia e incolla” che invade la rete, il suo uso indiscriminato in un triste momento, perché ci viene propinato come un “evento che ritorna”, tanto che fuorvia la logica di ognuno, fino a pensare di essere al sicuro e al riparo dal pericolo delle armi nucleari (in virtù degli accordi tra i grandi) per poi restare inebetiti e sgomenti di fronte all’arrivo di un virus che prende tutti di sorpresa, dalla scienza alla politica.  –  Il pericolo del ”coronavirus SARS-CoV-2”, viene dal lontano est europeo, dalla Cina, un attacco improvviso all’umanità intera, che mette fuori gioco la tecnologia, la medicina e la politica dapprima della Cina e appena un mese dopo, arriva l’affaccio in Europa, dalle ultime indagini il paziente 1, aveva libera circolazione in Germania dal 25 gennaio, avrebbe contagiato un cittadino italiano della Lodigiana, che a sua insaputa, avrebbe coinvolto la piccola cittadina di Codogno, il resto è cosa nota.  –  Ci troviamo da oltre un mese a combattere un mostro, sconosciuto, non sappiamo “quante teste ha”, siamo disarmati sanitariamente, non ci vogliamo arrendere ma …, siamo senza vaccini e totalmente disorganizzati, tutti di fronte a una realtà che non è sorridente, non è allettante quello che ci attende, alla sorpresa, si aggiunge lo stato di crisi sociale, politico ed economico che da qualche anno ci coinvolge, non è confusione ma caos totale. Personalmente seguo le normative emesse dal governo italiano, non potrei fare diversamente, nel mio caso, (ho le residenza estera), mi trovo come spesso si dice, al posto sbagliato e nel “momento sbagliato”, non ci sono colpevoli nel mio comportamento, è stata una scelta che ripeto da oltre un decennio, il 25 febbraio non si aveva del problema la conoscenza di oggi.  –  Sono tuttavia molto tranquillo, mi sento al sicuro tra i miei figli, ho di che passare il mio tempo, oltre queste riflessioni virtuali mi rendo utile in ogni modo per fortuna sono ancora totalmente autonomo e autosufficiente, mi rispetto nello stile di vita è ho tutta l’intenzione di superare questo difficile momento.  –  Non vorrei andare oltre, ma …, se non lo scrivo …, scoppio, è nella mia indole, mi faccio sempre i fatti miei, ma vedo anche quello di altri e nella situazione cui ci troviamo, mi spiace dover criticare il comportamento che abbiamo verso chi “non è stato eletto” ma si trova a governare il paese, certamente mi dispiace per i numerosi decessi che sta mietendo questo “coronavirus” e non condivido certi appuntamenti che gli itagliani si sono dati nel pomeriggio alle 18 di ogni giorno, per cantare una canzone.  –  Sono uno di quelli che rispettano le “regole suggerite” da chi deve gestire l’infausta situazione, ben sapendo che è difficile “starci dentro” da ogni parte, è perfettamente inutile scrivere su striscioni “andrà tutto bene” se poi andiamo in giro a dispetto dei dettati, sono chiuso in casa come la maggioranza degli italiani, da ben due settimane, non ho la necessità di prendere un caffè al bar, ne avrei il desiderio, come fare la mia solita vasca lungo il corso, oppure meglio ancora una salubre passeggiata “tra i cipressi”, dove veramente ci stanno i nostri affetti.  –  Potrei ancora continuare, perdonate lo sfogo, ho cercato di farla in bella copia, senza urlare, senza essere offensivo, senza volgarità, invito gli inosservanti a rivedere i propri comportamenti, dalle finestre di casa, anche in campagna dove mi trovo …, tanto si osserva e tanto potrei scrivere, non sono servo di nessuno, sento solo il peso che al “bene del mio vicino” è necessario anche il mio contributo, specie in questo momento di estrema difficoltà, io ci sono dentro nelle diverse angolazioni, un figlio nell’ambito sanitario, l’altro nel settore alimentare fermo nella propria attività, infine io, come spiegato in precedenza.  –  Sono cosciente che ci sono colpe e discolpe, in ogni senso e da ogni lato, è bene rimarcare che se ci sono colpe nell’ambito politico o sanitario per i ritardi d’intervento …, dall’altro lato c’è la scarsa collaborazione del cittadino che nella situazione si sente martire e non ci vuole stare nella parte del sottomesso, non intende subire e reclama i suoi diritti, senza pensare, che prima vengono i doveri.  –  Un ultimo pensiero (anche se nel contesto sono di parte, mio figlio è un infermiere laureato), sento di rivolgerlo a tutto il personale sanitario (senza distinzione di ruoli) che si trovano impegnati nell’impari lotta, in questi giorni, stanno a dare il meglio di loro stessi, inutile scrivere le mie preoccupazioni perché sono uguali a quelle di tanti altri genitori.  –  A tutte queste persone “un infinito grazie”, per il loro impegno, so che vanno fino in fondo, i nostri malati …, quelli che non riescono a superare il momento, non vengono lasciati soli, magari si troveranno davanti negli ultimi momenti un viso sconosciuto, ma non sono soli c’è sempre una mano che li accompagna.