Archivio tag | Marco Pantani

Marco Pantani il pirata

““Il ciclismo a me piace perché non è uno sport qualunque. Nel ciclismo non perde mai nessuno, tutti vincono nel loro piccolo, chi si migliora, chi ha scoperto di poter scalare una vetta in meno tempo dell’anno precedente, chi piange per essere arrivato in cima, chi ride per una battuta del suo compagno di allenamento, chi non è mai stanco, chi stringe i denti, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi non si sente mai solo. Tutti siamo una famiglia, nessuno verrà mai dimenticato. Chi, scalando una vetta, ti saluta, anche se ti ha visto per la prima volta, ti incita, ti dice che “è finita”, di non mollare””.   (Marco Pantani)

Soprannominato “Il pirata”, non perché aveva una nave corsara, ma solo per la sua mania di tenere sul capo una bandana colorata, Marco classe 1970, nasce a Cesena il 13 gennaio 1970, era il secondogenito di Ferdinando e Tonina Belletti (che vendeva le piadine lungo la spiaggia di Cesenatico).  –  Non particolarmente innamorato degli studi, amava lo sport, dalla pesca, al calcio, al ciclismo …, alla fine prevale quest’ultima disciplina, che lo prende e lo coinvolge nel professionismo all’età di 22 anni, nell’agosto ‘92 comincia con la “Carrera Tassoni“, dove ci resta per un quadriennio e coglie la sua prima vittoria nel ‘94, al Giro d’Italia, (nella tappa di Merano e quella dell’Aprica), secondo gli osservatori, è nato un nuovo campione.  –  L’anno successivo, si distingue nel giro della Svizzera, ma entra nel circuito dei grandi, con la vittoria di due tappe (Alpe D’Huez e Guzet Neige) al Tour de France …, bisogna ringraziare suo nonno Sotero, che lo inizia, regalandogli la prima bici, fu il primo a capire che le sue potenzialità potevano essere sviluppate nel ciclismo.  –  Gli inizi nelle file minori al Gruppo ciclistico “Fausto Coppi” di Cesenatico, dove mette in mostra le sue qualità di scalatore, gli esordi, non furono facili, perché non mancarono gli incidenti di percorso, comuni anche ai grandi, nell’86, ebbe a misurarsi con due incidenti, il più grave mentre si allenava, una sua distrazione lo porta a sbattere contro un camion in sosta, fu solo un giorno d’ospedale in coma, ma a breve, ancora una volta contro un’auto e i danni furono diverse fratture.  –  Comincia il percorso agonistico con il giro d’Italia dilettantistico 1990 classificato terzo, 1991 conquista il secondo posto e nel 1992 riesce a salire sul podio nella posizione più alta.  –  La prima partecipazione da professionista al giro d’Italia, nel ’93, colto da una tendinite, (diciottesimo in classifica generale), deve ritirarsi dalle prime tappe, l’anno successivo andrà meglio con due vittorie di tappa (Merano e Aprica), esce in tutta la sua potenza, arriva secondo al Giro e terzo al Tour nella classifica finale.  –  Anche il ’95 sarà un anno non molto buono, un terzo posto (medaglia di bronzo) ai campionati dal mondo in Colombia e un investimento da un’auto che viaggiando in senso inverso lo manda in ospedale a Torino, con la frattura di tibia e perone, riprende la bici dopo 5 mesi senza grandi gare, gli serviva solo da allenarsi per  la partecipazione a gare ufficiali, nel 1997 il grande passo nelle file della “Mercatone Uno”. — Evidentemente Marco ha incontrato il suo momento no, che perdura oltre, in una tappa del Giro d’Italia, scendendo il Valico di Chiunzi, un gatto lo butta a terra, è costretto al ritiro battuto solo dalla sfortuna che approfitta di lui, si prepara per il Tour e arriva piazzandosi al terzo posto, con due vittorie di tappa, mantiene la maglia gialla fino a Parigi, e conquista anche un record storico, nella salita dell’Alpe d’Huez, percorsa in 37 minuti e 35 secondi.  –  L’anno seguente il 1998, fa quasi il pieno con due vittorie su tre, delle grandi classiche europee della bicicletta, il Giro d’Italia e dopo 33 anni dalla grande vittoria fatta nel ’65 da Felice Gimondi, (deceduto appena il 19 corrente mese), vince anche il Tour, una meritata doppietta, purtroppo mancherà la “vuelta spagnola” al suo palmares, dove nelle due partecipazioni, si aggiudica solo la 17 tappa nel 1995 e l’11 tappa nel 2001.  –  Entra comunque di diritto nell’olimpo dei campionissimi, proprio per la doppietta di “Giro e Tour” del ‘98, comincia bene anche la stagione seguente, il 1999, con la vittoria di 4 tappe (Gran Sasso, Oropa, Pampeago, Madonna di Campiglio), oltre che indossare la maglia rosa, esce però la sorpresa …, un controllo anti-doping lo trova non in regola con la normativa, il giro prosegue nel suo itinerario, mentre Marco, con una sospensione di 15 giorni, lascia la carovana …, proclamando la sua innocenza dice di trovarsi dentro un complotto.  –  Si apre un blocco in difesa del pirata, la Mercatone Uno, ritira dal Giro l’intera squadra, anche Savoldelli rifiuta di indossare la maglia rosa con rischio di squalifica, Marco è ossessionato dal suo stesso lavoro, tutto appare incerto, resiste psicologicamente, ma è molto provato, la depressione comincia a impadronirsi di lui.  –  Dirà in seguito sua madre Tonina che non si è mai arresa a quelle che sono le evidenze:

Gli esami sono stati manomessi, mio figlio dava fastidio, c’era molta invidia perché tutto quello che toccava, diventava oro”.

La sua disavventura iniziata dal 5 giugno del ’99 si protrae fino al 13 maggio 2001, prende parte al Tour, vince la tappa del Mont Ventoux e quella del Courchevel, ma la giustizia sportiva nei suoi confronti, “si rimette in moto”, un controllo disposto dalla commissione francese, lo vede di nuovo positivo e coincidono con le sue due ultime vittorie al Tour, (non sarà più invitato al Tour).  –  Le acque s’intorbidiscono, da una parte pare che i due controlli fatti sul campione erano entro il limite del 48%, dall’altro lato, ci sono alcune dichiarazioni del ciclista spagnolo Jesus Manzano, sul fatto, che sono diversi i ciclisti, oltre a tecnici, organizzatori e sponsor, che hanno collegamenti con pratiche di doping …, ci sono le ombre che cominciano a muoversi.  –  Che Pantani facesse uso di doping come molti all’epoca, non può essere ignorato, che poi il fatto, diventi “odissea Pantani” resta da spiegare e capire, perché davvero ci sono delle incongruenze a dir poco madornali, dalla gara di Campiglio tutto cambia per lui, con alti e bassi, prosegue la sua attività.  –  Anche un tentativo di cambiare squadra, inizia il Giro del Giubileo senza arrivare alla conclusione, nell’ultima stagione, il 2003 dove ancora compare nelle file agonistiche, al Giro d’Italia si classifica al 14 esimo posto, Pantani esce di scena, con 46 vittorie al suo attivo.  –  Comincia il declino psicologico, sempre più la sua immagine si allontana da quella del corridore professionista, è prigioniero della giustizia dello sport, dai sospetti, si passa ai processi, alla condanna cui segue un’assoluzione, ma resta la macchia, anche se (all’epoca non era considerato un reato), oltre all’accusa sull’uso di sostanze dopanti e Pantani non riuscì più a trovare la serenità necessaria per tornare a correre.  –  Questo, lo porta in una direzione seppur non condivisibile, per certi versi obbligata, sia naturale rifugiarsi in angoli sconosciuti, mai pensati, per gli stili di vita che sceglie di fare uno sportivo, però sull’altro piatto della bilancia, doveva esserci qualcosa che animava al contrario il pirata, forse era conscio della situazione in cui si trovava, voluta o meno, non c’è dato saperlo.  –  Il 21 giugno 2003, nel pieno della stagione agonistica e della sua “età sportiva”, Pantani decide di entrare in una clinica, va al Parco dei Tigli a Teolo, (Pd), per curarsi la depressione, ma anche la dipendenza dall’alcol, restandoci solo una decina di giorni, ai primi di luglio decide di continuare le cure a casa, con i medici personali, per lui, tutto questo divenne una gogna impossibile da sopportare pubblicamente, ancora qualche mese e tutto precipita nella maniera a tutti inaspettata.  –  Secondo il racconto dei genitori, nel febbraio 2004, decisero di fare una vacanza, mentre i genitori decisero per la Grecia, Marco, prima con una tappa a Milano, sarebbe andato in montagna poi nulla si sa, sul cambio d’idea e sul perché, decise per Rimini.  –  La sera del 14 febbraio 2004, il pirata fu trovato morto nel residence “Le Rose” di Rimini, nella stanza D5, per intossicazione acuta da cocaina e psicofarmaci antidepressivi, nell’autopsia fatta al momento, a causa di un edema polmonare e cerebrale la morte, confermato nel 2015, da un’altra perizia medico-legale.

“C’è chi mi giudica con molta cattiveria, ormai la tendenza è di far notizia con le cose negative. Ma ci si abitua a tutto: certi giornalisti, se li conosci li eviti, così non ti uccidono”. (Marco Pantani)

 

Resteranno nel tempo avvolti i diversi misteri sulla sua morte, dal bagaglio di Pantani che (nelle dichiarazioni del tassista, era solo una busta di plastica contenente medicinali), ai tre giubbotti trovati nella stanza del residence dove prese alloggio, (chi li ha portati) e perché, nel caos che in genere regna dentro lo sport, solo Pantani è fatto oggetto di così alto interesse.  –  Ci saranno lunghe inchieste giudiziarie per cercare di chiarire la sua morte …, chi non resta convinta del suo suicidio, è mamma Tonina, ci sono troppi dettagli che non legano, la quantità di droga ingerita (trovata nello stomaco), avrebbe dovuto causare prima dei problemi alla gola, queste sue supposizioni, ovviamente sono conseguenti alle conoscenze mediche dei periti, quindi il suo pensiero resta che, tutto sia una simulazione di suicidio.  –  Non entro nei particolari della vicenda, mi limito alle grandi linee riportate nel tempo dagli organi d’informazione, restano anche molti dubbi su com’era la stanza al momento del ritrovamento che lascia interdetti, sembrava preparata di proposito quel disordine, perché appare come un “disordine per bene”, nella sostanza, mancano gli elementi, per affermare il suo suicidio, perchè tutto fa pensare a un omicidio.  –  Siamo già nell’era virtuale, le indagini, forse fatte in maniera leggera, hanno sottovalutato tutto e tutti, con la strana convinzione del suicidio, non si fanno rilievi su possibili impronte digitali, di estranei all’interno della stanza, però, col senno di poi, sono troppe le cose che non quadrano.  –  Nel tempo che trascorre, la testimonianza di un noto personaggio “Renato Vallanzasca” che (trovandosi coinvolto in una questione che poteva privarlo della sua opportunità della semilibertà), riapre tutto il discorso, cinque giorni prima del “fatto” di Madonna di Campiglio, (dove fu pizzicato il campione in doping), lui fu avvicinato da un recluso (habitué delle scommesse clandestine), che gli dice:

Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo… per questo mi sento di farti un favore, hai qualche milione da buttare? Se sì, puntalo sul vincitore del Giro, non so chi vincerà, ma sicuramente non sarà Pantani”.

L’8 novembre 2007, tre anni dopo la scomparsa del campione, una lettera di Vallanzasca arriva alla mamma, la notizia, insperata, è una nuova speranza che fa riaprire l’inchiesta e porta all’ascolto del misterioso recluso, in questo nuovo filone, che chiama in causa un po’ tutti, oltre i nuovi personaggi, avanti negli anni dopo diciassette anni dai fatti di Campiglio, (nel 2017), si è giunti a un onorevole verdetto che mette fine alla triste “telenovela sportiva”.  –  Il pm Sergio Sottani della procura di Forlì, conferma con poche parole che: “Un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare i test e far risultare Pantani fuori norma”.

Purtroppo, anche se sono evidenti le ventilate motivazioni circa gli interessi occulti della malavita organizzata, che controlla ogni possibilità di guadagni, per la “camorra e ’ndrangheta”, mai si arriverà a processo, per “truffa, frode sportiva e associazione a delinquere” nei loro confronti, così come, mai ci sarà una verità giudiziaria, perché tali reati sono prescritti.  –  Resta adesso da ottenere il riconoscimento della giustizia sportiva, (con l’assegnazione della maglia rosa 1999 simbolicamente a Marco) e il risarcimento civile, qualora ci sia la possibilità, il legale della famiglia Antonio De Rensis, sta facendo le opportune valutazioni, intanto, mamma Tonina finalmente rincuorata e molto soddisfatta, si è sfogata su Premium Sport:

Finalmente qualcuno è riuscito a fare un buon lavoro, non mi ridanno Marco ma ridanno la dignità a Marco, riferendosi all’intercettazione, aggiunge; è una conferma di quanto ha sempre detto Marco; “Mi hanno fregato” e lui non l’ha mai accettato”.

In tutti questi anni bui, il gossip si è sempre interessato agli sviluppi della vicenda Pantani, i fan sono rimasti fedeli al pirata, con la presenza e la partecipazione agli anniversari e altre forme di celebrazione a ricordare i brevi anni dei suoi successi, perdonando anche il gesto estremo (se di tale si è trattato), resta accertato il doping anche a distanza di anni, perché le analisi furono ripetute in ogni occasione che si è presentata per difenderne l’onorabilità.  –  Quel che ho letto di lui, nella mia obiettività, mi porta a esprimere delle osservazioni che seppur inutili, nascano spontanee, è stato senz’altro una vittima del sottopotere, è servito al momento, forse per distogliere le attenzioni da altro più dirompente?  –  Avranno trovato di affibbiargli il marchio di dopato, con delle mezze prove, capisco che ogni ambiente ha il suo lato da non poter mostrare in pubblico, posso anche capire che qualche principio di colpa ci stava, quel che non riesco a capire è l’accanimento usato contro la persona.  –  Pesa anche la testimonianza della fidanzata di Pantani, Christina Jonsson (cubista danese conosciuta nel ’96), che ammette “insieme ci siamo drogati per tre mesi”, queste le sue dichiarazioni che ho ripreso di pari passo in rete:

Ha iniziato a drogarsi per sopportare la pressione, per sopravvivere alla situazione che si era venuta a creare. Poi mi ha chiesto di farlo con lui se l’amavo, mi ha convinto, questo periodo, circa tre mesi, è stato un incubo.  –  Eravamo soli, a casa, drogati, assediati dai giornalisti, Marco continuava a pensare che lo tradissi, era incredibilmente geloso, da sempre e divenne ancora peggio, diventò anche molto paranoico. Credo che la vita del ciclista professionista renda paranoici perché si vive con il timore di tutti quei controlli antidoping“.

Con Christine la storia finisce nel 2003, ora abita a Losanna, in Svizzera, con l’intento di rifarsi una vita, Marco è stato il suo primo vero amore, lungo sette anni e si è separata da lui nel 2003, ha sempre pensato di poterlo salvare, credendo che sarebbe riuscito a non fare più uso di droga.  –  Si accorse però, che ne consumava grosse quantità, comincia ad aver paura, il suo fisico eccezionale lo sopportava, poi i suoi genitori, hanno cominciato a capire che qualcosa succedeva, perché non riuscivano più a essere in sintonia con Marco, lei diventa il loro tramite, finisce nella tristezza un sogno accarezzato lungamente, non ha più rivisto il campione, (anche se sentiva il bisogno di rivederlo), neanche fu invitata al funerale.  –  Adesso è un’altra lettura che esce su Pantani, i dubbi su un eventuale “complotto” ai suoi danni, restarono sempre vivi e costantemente alimentati da mamma Tonina, che mai s’è arresa, senza sosta, continua la sua lotta per dimostrare che “non poteva essere la verità”, ha pure minacciato di querelare chi avesse associato il Pirata a tale pratica, resiste nel tempo e si pone come ultimo baluardo a difesa dell’onore familiare e quello filiale.  –  Anche l’ex generale della Finanza, Umberto Rapetto, (coinvolto nelle indagini), conviene nel dire che il Pirata “non era solo quando la morte è arrivata“, sono queste piccolezze che riescono  a motivare mamma Tonina, che da sempre, rifiuta ogni addebito fatto al pirata su truffe e situazioni di doping.  –  Sono passati anni, sono passate anche le passioni, restano i ricordi, restano le persone che hanno subito il male di quanto, è stato creato intorno alla figura di un campione, (questa qualità, resta un elemento inconfutabile) per niente smentibile, restano tuttavia dubbi e perplessità su come “tutto è stato gestito”, i perché sono chiari, ci sono evidenti interessi che lo sport muove, sono inimmaginabili, la delinquenza organizzata, niente lascia passare, lo sport da sempre è al centro di attenzioni che procurano entrate milionarie legati ai grossi eventi, lascio alla libera immaginazione di ognuno quello che può rappresentare in un anno.

Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile”.  (Marco Pantani)

Adesso che “giustizia è stata fatta”, seppur in modo parziale, resta l’impegno, ogni anno il 14 febbraio a Cesenatico, la città natale del ciclista, c’è un appuntamento cui non mancano di partecipare i suoi numerosi ammiratori, si uniscono ai gruppi che vanno in bici o con i pullman anche i giovani, che mai hanno visto pedalare il pirata.  –  Nella tappa portarsi alla “tomba mausoleo”, nel cimitero del paese, è d’obbligo, poi allo “Spazio Pantani” in centro città, di fianco alla stazione ferroviaria di piazza Marconi, dove sono il monumento e il museo a lui dedicato.  –  È nata anche una “Fondazione Pantani”, per mantenere vivo nel tempo il ricordo del campione, con il Comune di Cesenatico e l’immancabile apporto della famiglia, in particolare mamma Tonina, è nato anche un museo (aperto nel 2006), nello Spazio Pantani, solitamente sono loro, mamma Tonina e papà Paolo, che si prendono cura e accompagnano i visitatori, all’interno dei 300 mq. del museo.  –  Tutto esposto quel che parla di lui, anche le cose private, oltre “gli originali Pantani”, le sue bici, le divise, le prime pagine, trofei e coppe, una mostra fotografica, audiovisivi, ecc, sono visibili nelle tre sale che prendono il nome delle vette che l’hanno reso famoso, “Sala Mortirolo, Sala Alpe d’Huez e Sala Bocchetta”.  –  Il prezzo d’ingresso di 5 euro, comprende anche un piccolo souvenir, inoltre anche un punto vendita dove si può fare acquisti di t-shirt, libri, gadget, cartoline e altro, il ricavato è devoluto in beneficenza.  –  Sembra ci sia la mano di qualcuno …, che ha voluto unire la data già da sola importante, (la festa degli innamorati), al dolore dei tanti appassionati della bici, il 14 febbraio è anche San Valentino e una visita al chiosco di viale Torino, la piadineria che per molti anni, è stata la posizione di lavoro per mamma Tonina, oggi diventa un punto d’incontro per gli appassionati della bici, una buona chiusura della giornata con una piadina romagnola.  –  Ho voluto anch’io rendere omaggio a una persona che dentro la grande fortuna derivata dalle sue capacità sportive, ha trovato tanta sfortuna per l’avidità di tanti, che sempre si muovono in ogni ambito, spesso all’ombra e con sotterfugi vari, riescono a carpire l’immeritata fiducia da persone, che non riescono a vedere o capire il male che potrebbe ricevere dalla loro bontà.

“Mi spiace ma non tornerò mai più quello di prima. Ridiventerò competitivo, ma non sarò più quello di prima, perché ho subito una grandissima ingiustizia”.   (Marco Pantani)