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L’eccidio di Colle Pineto

-11 febbraio ’44-  

Solo due mesi prima furono sacrificati 11 figli della città in un’azione repressiva messa in atto da “nazisti e fascisti” con la strage del Tratturo a Bussi sul Tirino, purtroppo la guerra continua e non finisce il contributo della città alla causa bellica, ancora altro sangue, ancora un sacrificio si ripete, altri figli vengono rubati alle loro mamme, altri padri ai loro figli.  –  L’operazione venne portata avanti non solo dalle truppe tedesche, ma anche dalla banda fascista “Fioresi”, a seguito di una spiata fatta (pare) da due collaboratori dei nazisti, “lu sprisciat e Cascatelli”, (alla fine fu addebitata a quest’ultimo), ma per dovere di cronaca, in città ci stavano altri delatori che collaboravano, una fonte libraria, riporta anche altri nominativi, l’editore Marino Solfanelli e Antonio Perazza, (li ho conosciuti ambedue), ma non sapevo di questo loro infelice passato, quest’ultimo era fornitore di carni delle truppe tedesche, dopo gli eventi bellici, io ricordo che era molto burbero, aveva il negozio di macelleria lì, vicino ai tempietti, a ridosso della torre della biblioteca De Meis, dove adesso sta l’enoteca di Adriano.  –  Questa macelleria in verità non era molto frequentata, forse proprio nel ricordo dei suoi trascorsi, era pure in lite con il fratello, il quale come lui pure aveva una macelleria in via Spaventa, poco prima del Supercinema, (invece molto frequentata perché era davvero una persona gentilissima).

Questo secondo tragico evento, succede tra il 16 gennaio e il 4 febbraio del 1944, un camion di tedeschi si porta nell’odierna “via degli Agostiniani”, agiscono a colpo sicuro, prelevano nella casa di Maria Finore, 13 ragazzi sempre della Banda Palombaro, nascosti nel sottosuolo; queste le identità e le loro schede anagrafiche: 

Pietro Cappelletti, aveva 28 anni, abitava in Via S. Agata, meccanico; sposato, aveva una figlia in tenera età, Maria Teresa, per lavoro era emigrato in Germania, tornò a Chieti dopo l’8 settembre 1943. Socialista aderì subito alla “banda Palombaro”, durante gli interrogatori, rifiutò di fare l’interprete e di collaborare, subì torture, ha ricevuto una medaglia di bronzo al V.M. alla memoria e una Croce al merito di guerra.

Nicola Cavorso, era l’intellettuale del gruppo, aveva 23 anni, abitava al Largo Teatro Vecchio, orfano di padre, laureando in matematica e fisica a Roma (dopo la Liberazione, gli è stata conferita la laurea honoris causa in queste discipline), entrò nella banda Palombaro e, con una radio ricetrasmittente, mantenne i collegamenti con gli inglesi, nome in codice “Tommaso Moro”, fece parte del CPLN, costituito a Chieti nell’ottobre del 1943, come rappresentante del Partito d’Azione

Raffaele Di Natale, anni 30, di Palombaro, abitava in via S. Maddalena, sposato, aveva due figlie in tenera età, faceva il venditore ambulante. Si occupava nella banda di trasporto e logistica dei nuclei partigiani, del materiale bellico, fu uno dei più torturati.

Aldo e Alfredo Grifone, 20 e 23 anni, il primo elettricista, l’altro elettromeccanico, abitavano in via Papa Giovanni XXIII, chi, di Chieti, sicuramente sa dove, (proprio davanti le fonti), oggi è completamente abbandonata, aggregati alla banda Palombaro, combatterono contro i tedeschi e furono arrestati, Alfredo, fu decorato di medaglia d’oro al V.M. alla memoria, “per l’ardimento, il senso del dovere e la dedizione alla causa della libertà”.

Guido e Umberto Grifone, furono graziati.

Massimo Beniamino Di Matteo, 18 anni e Stelio Falasca, 18 enni,  vicini di casa, nel Vico I S. Maria (oggi Via Mazzetti), amici inseparabili avevano frequentato le scuole elementari e medie; sognavano di diventare vigile del fuoco, entrarono nella banda Palombaro, procurandosi e nascondendo armi e munizioni, furono impiegati come messaggeri, furono catturati, torturati, processati e fucilati, i corpi furono ritrovati sepolti in disparte, in un angolo, l’uno accanto all’altro, uniti anche nella morte, a Stelio fu concessa la Medaglia di bronzo al V.M.

Vittorio Mannelli, Aveva 23 anni, abitava in Via G. Ravizza, era un pugile molto sveglio, soprannominato Musulin”, era capo riconosciuto dei giovani antifascisti del quartiere, nella banda ebbe l’abilità, di mantenere i collegamenti tra i gruppi operanti in zona, è sepolto nel Sacrario Militare e sulla piccola lapide è inciso che ricevette la Medaglia di bronzo.

Aldo Sebastiani, era il più giovane (quando fu giustiziato, aveva compiuto 17 anni da poco più di un mese), abitava in Via Mater Domini ed era apprendista meccanico.

Umberto Grifone, al processo tenutosi tra il 9 e il 10 febbraio 1944, presso il municipio di Chieti fu graziato, Guido Grifone, Floriano Finore e Giovanni Potenza, saranno condannati a 30 anni di lavori forzati da scontare in Germania, mentre per gli altri la sentenza, del tribunale militare tedesco, fu di impiccagione, l’intervento dell’arcivescovo mons. Venturi, e del “Podestà Gasparri”, non va oltre la decisione, che di essere eseguita nella stretta forma militare (la fucilazione).  –  Padre Emilio Venturi, nipote del vescovo Mons Venturi, (deceduto nel 2009), raccolse dai giovani prigionieri le ultime testimonianze di vita, rimanendo lui stesso sbalordito per l’atrocità espressa dalle forze di occupazione, accompagnò i giovani martiri all’uscita del carcere cittadino di S. Francesco, sotto la piazza Trinità, tutti uscirono con la sigaretta in bocca, certamente triste era quel momento, quella sigaretta, voleva solo simboleggiare un segnale di coraggio estremo, anche da far osservare alle persone, (parenti e curiosi), che stavano lì ad aspettare qualche segnale di speranza, così ha raccontato Floriano Finore, uno dei tre risparmiati alla fucilazione, (deceduto nel 2010).  –  Non ci sono altri commenti da riferire, siamo al pomeriggio dell’11 febbraio 1944, caricati su un camion militare vennero portati nei pressi di una cava di argilla a (colle Pineta) di Pescara, i nove partigiani di Chieti, furono tutti fucilati uno alla volta, all’azione, erano presenti due rappresentanti della (RSI), Repubblica Sociale italiana …, prosegue la barbaria, furono sepolti senza casse dentro delle fosse scavate da soldati russi, passeranno 6 mesi prima del ritrovamento dei loro corpi, su indicazione di un testimone.  –  A guerra finita, furono i familiari che commissionarono un cippo da porre sul luogo del massacro.  –  Ai condannati una sola concessione fu accordata, scrivere una lettera alla famiglia, di loro, restano 7 scritture, due del giovane 18 enne Stelio Falasca, (allegate in foto), due di Nicola Cavorso, una dei fratelli Grifone, di Pietro Cappelletti e di Raffaele Di Natale, …, c’è assoluta assenza di accuse e parole di odio verso i torturatori e gli ufficiali del tribunale militare, (pur avendo voluto, non avrebbero potuto), avevano immaginato che le lettere prima di essere consegnate, passavano sotto la censura di Fioresi.  –  Le loro testimonianze sugli ultimi momenti di vita di questi meravigliosi ragazzi, sono conservate presso la biblioteca De Meis, (crollo permettendo).  –  Quelli sopra citati, non sono stati i soli martiri della città, ci sono altri che in diverse azioni sono stati presi e giustiziati, li riporto per quanto mi è dato di sapere:

Giustiziati nel circondario di Chieti; Berardi Mario, Ciammaichella Cesare, Del Grosso Domenico, Di Fonso Mario, D’Onofrio Antonio, Gelsomino Tommaso, Nicolucci Ubaldo.

Caduti o giustiziati nella zona di Palombaro: Di Pietro Adalgiso, La Cioppa Adalgiso, La Corte Biagio.

Fucilati l’8 novembre 1943 in località S. Barbara di Chieti: Aceto Antonio, Agostini Roberto, Carlone Ruggero, Sciucchi Francesco.

Tutti questi ragazzi, sono ancora ricordati, oggi per la città sono considerati a pieno titolo:

Eroi concittadini la cui onorata memoria è lustro e decoro per la città”.

Una lapide lungo il corso della città, tra le mura della Cassa di Risparmio e il palazzo della Provincia, riporta i loro nomi, a perenne ricordo …, quelle che seguono, sono le parole del generale Mc. Greery, comandante dell’8 armata Britannica, alla fine della guerra, rivolte al gruppo “Patrioti della Majella” dice:

Voi siete stati i pionieri di quel movimento partigiano italiano che tanto ha contribuito al successo della campagna d’Italia e grazie alla quale potrà essere ricostruita la nuova Italia. Ora che tornate alle vostre case mantenete vivo quello spirito e quella purezza d’intenti che avete dimostrato in guerra, nell’opera di ricostruzione del vostro Paese, di questo vostro Paese che ha tanto sofferto per le rovine e i lutti causatigli dal fascismo prima dalla guerra poi. E’ questo lo spirito che farà dell’Italia ancora una volta un paese libero e democratico e le ridarà il posto che le spetta per la sua antica civiltà, nel quadro di quella nuova Europa per la quale tutti abbiamo combattuto e che tutti auspichiamo“. 

Ai giorni nostri, con estremo disappunto devo dire però, che non tanto i cittadini, quanto più le figure istituzioni, che di volta in volta si avvicendano, nel tempo; se non dimenticato, quanto meno, hanno trascurato il sacrificio di questi suoi figli, con estrema obiettività, penso che gli eletti della città, sono rappresentanti dei cittadini, non del partito che li ha nominati, quando sono rappresentanti pubblici, dovrebbero pensare e ricordarsi di tutti i figli della città in maniera obiettiva e partecipativa, in quel momento non è presente il partito e neanche la persona, è presente “l’istituzione”, che deve essere sempre e comunque imparziale.  –  Solo negli ultimi anni, queste gesta, sono state ricordate, con delle manifestazioni congiunte fatte a Chieti, Bussi e Pescara, che, di nuovo, hanno coinvolto i ragazzi delle scuole, nel ricordo del martirio subito e della storia che ormai scritta non si può ignorare ne cambiare è una verità, scomoda per alcuni …, dolorosa per altri.  –  Ci sono altri che non sono ricordati in queste pagine, che indossavano una divisa, oppure hanno scelto in maniera diversa di dare il proprio contributo alla patria, per tutti, va riconosciuto l’ideale che li ha dominati, forse diversi, ma in qualche modo comuni alla Patria, tutti sono idealmente presenti dentro il grande elenco delle persone che si sono sacrificate, senza fare distinguo, a “torto o a ragione”, era un ideale.  –  Riporto, anche il monito di un nostro concittadino don Guido di Cosmo, (scomparso da qualche anno), che per i suoi trascorsi di combattente, ha ricevuto la “Croce al valor militare e la Croce al merito di guerra, ci dice che:

È un dovere ricordare e conoscere la storia della Resistenza, i sacrifici e i valori di tanti uomini che lottarono per la libertà di cui noi oggi godiamo“.

Non sono in questa data nella mia città, neanche so se ci sarà la commemorazione in largo Martiri della libertà, (tra il palazzo Di Mayo e la Prefettura), dove c’è la lapide intitolata ai martiri di Colle Pineta, la politica locale è già impegnata per la prossima tornata elettorale, sono però certo che ci sarà l’A.N.P.I., ci saranno gli alunni delle scuole …, sono venuto a conoscenza che c’è una maestra che puntualmente fa i progetti scolastici senza dimenticare “questi nostri figli e fratelli”.  –  E finisco rivolgendomi (con tutto il rispetto), a quei pochi che in rete pubblicano foto inneggianti a un’epoca tutta da dimenticare, io ho sposato la causa vincente, riflessioni e foto, le metto in mostra nei momenti di celebrazione, solo per ricordarli e dare conoscenza alle nuove leve nel resto del mio tempo, senza alcuna nostalgia del triste passato, il cuore conserva sempre la verità.